CASTELLO NORMANNO
ACI CASTELLO /
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Il Castello di Aci si trova ad Aci Castello, in provincia di Catania e sorge su di un promontorio di roccia lavica, a picco sul mare blu cobalto ed è  inaccessibile tranne che per l'accesso attraverso una scalinata in muratura.

Il promontorio basaltico dove il castello sorge, era separato dalla terra ferma da un braccio di mare e collegato solamente da un ponte levatoio in legno. Nel 1169 un’eruzione è giunta fino al mare circondando il castello e collegandolo alla terraferma. Al centro della fortezza si trova il «donjon» la torre quadrangolare, fulcro del maniero.Rimangono poche strutture superstiti: l'accesso, che conserva i resti dell'impianto del ponte levatoio, il cortile dove si trova un piccolo orto botanico, diversi ambienti, fra cui quelli dove è accolto il museo e un cappella (secondo alcuni bizantina) ed un'ampia terrazza panoramica sul golfo antistante da cui godere di una magnifica vista sui Faraglioni che la leggenda vuole siano stati scagliati da Polifemo accecato contro Ulisse in fuga.

La fortificazione di incerta origine, fu il fulcro dello sviluppo del territorio delle Aci nel medioevo. Secondo lo storico Diodoro Siculo nel 396 a.C. nel mare antistante il promontorio, dove oggi sorge il castello, avvenne una battaglia navale fra Cartaginesi e Siracusani. Probabilmente le stesse acque furono teatro dello scontro navale fra Ottaviano e Sesto Pompeo, nella guerra civile, nel 37 a.C. circa. In quell'occasione la potente flotta del ribelle Sesto Pompeo inflisse un dura sconfitta ad Ottaviano, che in quelle acque, si narra, rischiò di morirvi annegato. I molti reperti subacquei di età greca e romana rinvenuti nei fondali antistanti il castello, confermerebbero in parte queste battaglie.

Storicamente un primo castello fu edificato nel VII secolo d.C. (secondo altri nel VI secolo) dai bizantini su di una preesistente fortificazione di periodo romano forse del 38 d.C. e chiamato Castrum Jacis e volto alla difesa della popolazione dalle scorrerie. Distrutta ed occupata la forte Taormina, nell'estate del 902 l'emiro Ibrahim stava per assaltare il castello di Aci. La popolazione sicura della sconfitta preferì capitolare, pagare la giziah e deporre le armi consegnandosi ai musulmani.

Il paese fu lasciato intatto ma il castello e le fortificazioni saranno rase al suolo.

Nel 909 il califfo 'al-Mooz, fece riedificare sulla rupe una fortificazione (qalat), che doveva far parte di un più vasto sistema difensivo atto a proteggere l'abitato. Nel X secolo sotto la dominazione araba il borgo fu chiamato 'Al-Yâg o Lî-Yâg, fu un importante centro della Sicilia orientale,  forte e preminente rimase però l'impronta bizantina tanto che si racconta di una Aci quale centro della resistenza.

Giunti i conquistatori normanni Roberto il Guiscardo e Ruggero d'Altavilla, verrà introdotto in tutta la regione il sistema feudale. Vasti territori saranno concessi a vescovi e milites. Il 17 agosto 1126 il Vescovo abate Maurizio di Catania ricevette nel castello di Aci le reliquie di Sant'Agata, riportate in patria da Costantinopoli dai cavalieri Goselmo e Gisliberto. All'interno di un ambiente che probabilmente era una piccola cappella, sono ancora visibili alcune tracce di un affresco che ricorda l'avvenimento.

L'eruzione del 1169 fu preceduta il 4 febbraio da uno dei terremoti più funesti che si ricordino.

Nel 1404 il borgo contava 2.400 abitanti.
Nel XV secolo la terra di Aci passerà di mano diverse volte, fino al 1530. Nel 1421 il viceré di Sicilia Ferdinando Velasquez acquisì per 10.000 fiorini il territorio del castello e quello del vicino Bosco d'Aci. Il territorio quindi venne rinfeudata con molto malcontento popolare. Nel 1422 per sedare il malcontento della popolazione, il Velasquez su ordine del re Aragonese Alfonso il Magnanimo concesse la facoltà di organizzare una fiera senza dazi, chiamata la Fiera Franca, che ebbe notevole importanza. Dalla morte di don Velasquez (1434), la terra passerà all'infante di Spagna don Pietro e quindi ritornerà al re Alfonso (1437). Nel 1439 il castello e la sua università passeranno alla famiglia Platamone, ai Moncada, ai Requisens e poi nel 1468 ai baroni di Mastrantonio. Il 28 agosto del 1528, gli abitanti offrirono all'imperatore Carlo V la somma di 20.000 fiorini, per rientrare nel Regio Demanio e riscattarsi dal potere baronale. L'imperatore accetterà l'offerta il 5 luglio del 1530 concedendo il mero et misto impero, confermando inoltre la concessione della Fiera Franca. Nel sigillo della nuova universitas reale il castello di Aci fu il simbolo principale insieme ai faraglioni di Aci Trezza.

Dalla metà del XVI secolo si perderà la «Università di Aci» concessa nel 1297 da Federico III d'Aragona all'ammiraglio Ruggero di Lauria: il castello sarà distinto di fatto da Aquilia Nuova e dai casali, che nel frattempo si renderanno indipendenti, verrà quindi destinato prima a caserma e poi a carcere. Subirà quindi i danni del Terremoto del Val di Noto dell'11 gennaio 1693. Rientrerà nel demanio comunale in epoca borbonica nel XIX secolo. Nello stesso secolo Giovanni Verga vi ambienterà la novellaLe storie del Castello di Trezza.

Negli anni 1967-1969 verrà restaurato, e quindi dal 1985 è visitabile e sede di un Museo Civico. Nel 2010 nasce ÀCAOS Galleria Civica d’Arte Contemporanea che porterà devianti e coraggiosi messaggi del fare arte d’avanguardia negli spazi del Castello di Aci.