Io Sottraggo

“La violenza non si dimentica. Bisogna ricrearla per sbarazzarsene”

[Louise Bourgeois]


Donne che si sfondano di cibo e vomitano infilandosi due dita in gola, al fine di espiare una colpa che si radica molto più in là di una folle orgia alimentare. Donne che si sfondano di cibo e non vomitano, creando – con un corpo in dilatazione – barriere con le quali difendersi dal mondo e da una dimensione dell'affettività, che genera in loro inadeguatezza e panico. Donne che non mangiano per dimostrare a se stesse e al mondo che le terrorizza, quale alto dominio sono capaci di esercitare su sé stesse e sui propri appetiti. Autocontrollo, perdita patologica di controllo. Dispercezione, devastazione, perfezionismo e inibizione. Desolazione del corpo, desolazione del cuore. Donne che si riempiono di cibo. Donne che si svuotano di sé. Perché il dolore che le fa agire rigidamente e pulsionalmente, è in verità un dolore profondissimo. Perché è di una rabbia ancestrale e di un’assenza remota, che si tratta. Non di semplice fame. Anoressia, Bulimia, Binge Eating, Obesità. Mali dell’anima, prima che del

corpo. Mali di un amore mai o mal vissuto. Mali di un amore forse mai ricevuto. Mali di un amore che non ha nutrito. E che ci ha rese presentificazioni della sua assenza. Un amore rotto, crepato, sbriciolato. Come uno specchio, o come un pezzo di pane. Un amore perduto prima di essere trovato. Un amore scarno. Un amore violato. Un amore abusato, come quel corpo che non sappiamo “indossare”. Come quel corpo al quale non sappiamo dare tregua. Abbuffarsi per sentirsi ancora sazie di quel vuoto. Edificare, in luogo di quell’assenza, un’ideale. Una bugia. Una parvenza che sappia dissimulare la pochezza. Uno scudo, per le nostre ferite ancora aperte. Una fortezza, perché nessuno possa attaccarci ancora. Indossare l’ideale di un corpo impeccabile diventa l’unica salvezza. Una salvezza da pagare a caro prezzo… Un corpo inappuntabile, ineccepibile, insostanziale, invisibile e indicibile. Un corpo perfetto. Un corpo in frantumi. Frantumi di un amore sbriciolato, assemblati da un’illusoria caparbietà. A costo della vita, svuotarsi da ogni dolore. Essenzializzarsi. Fino quasi a non “pesare”. E i tacchi a spillo si fanno piedistallo di un’assenza.

Una scultura di Giacometti cammina nella città di Sant’Elia. E tutto questo per restare a galla. È la paura che ci allontana dal cibo. È la paura che ci spinge verso il cibo. Cibo negato. Cibo abusato. Cibo-veleno. Cibo-eroina. Cibo non più cibo. Presto o tardi, però, l’impalcatura crolla. Scendi dai tuoi tacchi a spillo con le ossa che sporgono e le dita violacee, e se hai ancora un briciolo di forza, provi a rompere i silenzio. Rimetti le parole al posto del cibo. E questo è il primo passo salvifico. Tutto il resto è un lungo, faticoso cammino individuale, necessario per tornare a riappropriarti della tua vita, dei tuoi sogni, del tuo corpo, dei tuoi appetiti. IO SOTTRAGGO è un grido contro il silenzio di chi non sa e non vuole vedere, di chi ignora e superficializza. Di chi sceglie di non capire. IO SOTTRAGGO vi costringe a guardare nel perimetro triangolare di questa verità. IO SOTTRAGGO combatte l’omertà. IO SOTTRAGGO è un’azione che crea e ricrea l'ingranaggio patologico, rimettendo in scena le dinamiche ossessive anoressico-bulimiche. Perché forse anche questa forma di violenza, come ogni altra, va rivissuta, per potercene sbarazzare.