Giovanna Lacedra

GIOVANNA LACEDRA

Artist and Performer

iosottraggoperformance@gmail.com
PH: 320 3068996



Nata il 15 novembre 1977 a Venosa , un piccolo cuore di Lucania, nel 1995 si trasferisce a Firenze per frequentare il corso di pittura presso l'Accademia di Belle Arti, dove si laurea nel 2000.
Nel 2001 pubblica una raccolta di poesie, intitolata “Schegge”. Negli anni sono state diverse le pubblicazioni in raccolte antologiche.


Nel 2004 si abilita come docente di Disegno e Storia dell’arte, quindi si trasferisce a Milano, dove attualmente vive e lavora.

Collabora con diversi siti web, come autrice di recensioni, articoli di critica d’arte, monografie di artisti. Il suo ciclo pittorico più recente “Distanze: Solitudini Contemporanee” (2006-2010) è stato esposto in diverse mostre collettive e pubblicato in diversi cataloghi, tra cui: 2008 Biennale delle Arti di Caserta – Caserta – Museo MAUI 2010 “Io e l’altro”, dell’Associazione Culturale Fonopoli (di Renato Zero)

Per quattordici anni, Giovanna Lacedra ha vissuto sospesa sull’altalena anoressico-bulimica, con una brutale e rischiosa caduta, nel 2005. 39 chili. Un corpo in dissolvimento. Una vita in pericolo.
Un reparto di Dietistica e Nutrizione Clinica che somigliava ad un lager. Telecamere nei bagni. Alimentazione forzata. Obbligo a non muoversi. A star ferme il più possibile. Obbligo a non leggere, non pensare, evitare qualsiasi cosa che potesse far consumare preziosissime calorie.

“I conti – diceva il primario – devono tornare.” Sì, i conti dovevano tornare, perché sostanzialmente non si era che corpi da farcire. Il dolore, quello vero, quello profondo, quello che conduce sino ad un tale disfacimento, no, non esisteva. Non si era che corpi. Corpi da pesare ogni mattina. Corpi da ricostruire. E poi rispedire nel mondo. Come se si potesse guarire di solo cibo. Come se il vero problema fosse quello. E poi anni di introspezione: psicanalisi freudiana, psicanalisi lacaniana, psicoterapie cognitivo-comportamentali.

Oggi, con il progetto “Io sottraggo”, Giovanna Lacedra sta tentando di dare un senso più profondo e condivisibile a questa patologia. Tramutare l’ossessione anoressico-bulimica in un atto performativo e raccontare la propria esperienza in una mostra, è un forte atto di sensibilizzazione.

Se l’arte è comunicazione, allora un atto performativo, può passare un simile messaggio in modo efficace, diretto e trasparente.

“Ho deciso di mettere in scena con il mio stesso corpo, con la mia stessa gestualità, la patologia anoressico-bulimica e tutti quei rituali ossessivi che costituiscono la triangolazione cibo-corpo-peso, perché voglio che al pubblico arrivi un messaggio chiaro, leggibile, e inequivocabile. Io che per quattordici anni ho vissuto questo ‘disordine’ alimentare, ne conosco a ‘perfezione’ rischi e pericoli, ossessioni e rituali. E soprattutto, scaturigini. Credo, dunque, che nessun’altro, all’infuori di me, potrebbe agire nella performance che io stessa ho scritto e progettato. Perché nessuno, all’infuori di chi esperisce tutto questo, potrebbe raccontarlo in maniera altrettanto autentica e diretta”. (Giovanna Lacedra)

In un momento della performance, Giò afferma: “Questo è il mio corpo” mentre tiene tra le mani un pane spezzato, devastato, svuotato: un Cristo femmina che spezza il proprio corpo, per rappresentare la sofferenza del mondo interiore ed esteriore.” (Erica Prisco – Il Levante.it)