
29 Maggio 2005
“È il turgore a svegliarmi. Sono i crampi allo stomaco. E il senso di colpa.
Ieri notte, rientrata dal mio giro in Feltrinelli, sola,
tra pensieri pungenti, letargia e mancanza di volontà,
ho sentito il bisogno di mordere, allo stesso modo in cui
si ha l’urgenza di aggrapparsi a qualcosa.
Dovevo occupare – o otturare – spazi morti dentro me.
E così… 5 mele.
5 mele rosse. 5 mele dolci.
Le ho divorate. Una dopo l’altra. A grandi morsi.
Selvaggiamente. Come sotto effetto ipnotico.
E alla fine il mio stomaco era fracassato e gonfio.
Non riuscivo più a dare un solo respiro.
Non so fare l’anoressica. Continuo a vivere di cibo.
Devo fare i miei calcoli. Devo!”
IO SOTTRAGGO
è un atto in cui è il corpo stesso a dire la verità.
Una verità figlia del gesto, una verità figlia della parola,
una verità figlia del dolore,
figlia di una creatività capace di sgorgare
persino
dall’ossessività di una patologia paradossale
come quella anoressico-bulimica,
dove non è l’appetito ad essere malato,
ma una piaga dell’amore.
Non so vivere una sola ora della mia vita
senza toccare, testare, misurare, controllare,
pesare
questo mio corpo.
Tornare indietro mi sembra impossibile.
Tornare indietro equivale a sprofondare.
E l’imperativo si consolida:
Leva! Togli! Sottrai!
Lavorando con i numeri,
operando per sottrazioni quotidiane,
accogliendo quantità sempre più ridotte di cibo e di vita,
vado avanti a scolpire me stessa,
con l’obiettivo di redimere quella donna perfetta
che è stata sepolta dalla carne.
Voglio soltanto sentirmi leggera.
E per questo, sottraggo.
Razzio la materia.
Sferro colpi algebrici.
Lo scalpello michelangiolesco elimina il superfluo.
Ma il mio corpo, suo malgrado,
aderisce alla poetica del non-finito.
L’ideale è imperseguibile,
la libertà si allontana ad ogni scalpellata,
e resto eternamente intrappolata
in questa pesantissima fissità.
Continuo a contare, ossessivamente.
Perché il principio è: contenere tutto.
Trovare il minimo comune multiplo.
Imparare ad avere argini.
E aggrapparsi ai numeri.
Perché i numeri sono sedativi.
Sono soluzioni.
Sono le sole, uniche risposte.
Numeri come anima.
Numeri come malattia.
Io no, non sono anoressica.
Sono soltanto
la presentificazione di una mancanza.